Negli ultimi anni, parlare di “consenso informato” non significa più semplicemente firmare un modulo. La pandemia, la crescita della comunicazione digitale e l’aumento della complessità dei percorsi vaccinali hanno ridefinito radicalmente il modo in cui cittadini e professionisti sanitari si confrontano sull’informazione in ambito medico.
Oggi il consenso informato è un processo, non un atto. È un dialogo continuo, strutturato e documentato, in cui il cittadino riceve informazioni comprensibili, aggiornate e basate sulle evidenze scientifiche, e in cui il professionista sanitario è chiamato a garantire non solo accuratezza tecnica, ma anche chiarezza, trasparenza e rispetto della persona.
Il quadro normativo italiano — dalla Legge 219/2017 alla normativa sanitaria più recente — ha consolidato l’idea che il consenso non sia una formalità amministrativa, ma una componente essenziale della qualità dell’assistenza.
Perché oggi il consenso deve essere diverso da quello di ieri
La prevenzione, e le vaccinazioni in particolare, sono diventate ambiti in cui la corretta informazione ha un peso ancora maggiore rispetto al passato. Tre fattori stanno cambiando il modo di informare:
1. La complessità scientifica è aumentata.
Con l’introduzione di vaccini innovativi (RSV, nuovi coniugati pneumococcici, richiami COVID stagionali), i cittadini hanno bisogno di informazioni chiare su efficacia, sicurezza, tempistiche, co-somministrazione e indicazioni per fasce d’età o rischio.
2. La società è più esigente e più informata.
L’accesso immediato a informazioni — affidabili o meno — rende il cittadino più attento, più interrogativo, più coinvolto. Il professionista, dunque, non basta più che “informi”: deve accompagnare nella comprensione.
3. Il contesto post-pandemico richiede dialogo.
Dopo il COVID, la richiesta di trasparenza è cresciuta. La fiducia si costruisce esplicitando le evidenze, gli eventuali limiti degli studi, la frequenza degli eventi avversi e i benefici attesi. Il cittadino non chiede garanzie assolute, ma onestà scientifica.
Che cosa prevede davvero la legge
La Legge 219/2017, oggi pienamente applicata nella pratica vaccinale, stabilisce che:
- l’informazione deve essere “completa, aggiornata e comprensibile”;
- deve includere benefici, rischi, alternative e conseguenze del rifiuto;
- il cittadino deve avere spazio per domande e chiarimenti;
- il consenso può essere scritto, digitale o verbalizzato, purché documentato;
- il professionista sanitario ha un “dovere di informazione responsabile”.
Nel contesto vaccinale, questo si traduce in un’informazione che non deve mai essere né tecnica al punto da risultare opaca, né semplificata al punto da diventare imprecisa.
Le linee guida della FNOMCeO (2024) e della SItI sottolineano inoltre che l’informazione deve essere proporzionata al livello di rischio individuale e della comunità, e deve sempre garantire che il cittadino comprenda non solo che cosa si raccomanda, ma perché.
Il ruolo centrale dei professionisti: chiarezza, trasparenza, ascolto
In questo nuovo scenario, il ruolo dei professionisti — medici, pediatri, farmacisti, operatori sanitari — è sempre più quello di mediatori della conoscenza. Il consenso informato è efficace quando:
- il professionista ascolta prima di informare;
- utilizza un linguaggio accessibile, evitando tecnicismi inutili;
- distingue i fatti dalle interpretazioni;
- chiarisce l’origine dei dati e la solidità delle evidenze;
- affronta apertamente eventuali timori legati alla sicurezza.
L’informazione non è unidirezionale: è un dialogo che valorizza l’autonomia della persona, ma anche la responsabilità del professionista di orientare verso scelte tutela-salute.
Supporti digitali e nuove modalità di informazione
Oggi il consenso informato si costruisce sempre più attraverso strumenti integrati:
- schede informative digitali collegate al Fascicolo Sanitario Elettronico;
- QR code nei centri vaccinali che rimandano a schede ministeriali aggiornate;
- materiali video e infografiche preparati dalle Regioni;
- strumenti di “decision aid” sviluppati da ISS e società scientifiche.
Questi materiali hanno un obiettivo comune: rendere l’informazione più accessibile e comprensibile, in modo che il colloquio finale con il professionista sia più efficace e meno dispersivo.
Vaccinazioni e obblighi informativi: che cosa cambia nella pratica
La novità del 2025 — evidenziata anche nel PNPV 2023-2025 — è che l’obbligo informativo non riguarda solo il singolo atto vaccinale, ma l’intero percorso di prevenzione.
Ciò significa:
- informare non solo sul vaccino del giorno, ma anche sulle coperture mancanti;
- chiarire le opportunità di co-somministrazione;
- spiegare la protezione indiretta per i familiari fragili;
- contestualizzare il vaccino nella storia clinica del cittadino.
Il professionista, dunque, non dà solo “consenso sul vaccino X”, ma costruisce un consenso sulla prevenzione complessiva, coerente con età, rischio e raccomandazioni nazionali.
Conclusione: il consenso come spazio di fiducia
Oggi più che mai, il consenso informato non è un modulo, ma un momento di fiducia reciproca. È la sintesi tra scienza e relazione: la trasparenza del dato e la capacità del professionista di comunicarlo in modo umano, rispettoso e comprensibile. In un’epoca in cui la disinformazione viaggia veloce e le scelte sanitarie richiedono sempre maggiore consapevolezza, un consenso informato corretto, scientificamente solido e ben comunicato è uno dei pilastri più importanti della prevenzione moderna. Proteggere il cittadino significa anche informarlo bene.
Bibliografia essenziale
- Legge 219/2017 – Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento
- FNOMCeO – Codice Deontologico 2024
- Ministero della Salute – PNPV 2023-2025
- ISS – Comunicazione del rischio e vaccini (2024)
- SItI – Linee guida per comunicare la prevenzione vaccinale (2023–2024)
